IL TEATRO DI MATÉI VISNIEC - DELLO ZERBINO CONSIDERATO DAL PUNTO DI VISTA DEI RICCI'
IL TEATRO DI MATÉI VISNIEC - DELLO ZERBINO CONSIDERATO DAL PUNTO DI VISTA DEI RICCI
Di Matéi Visniec
Regia Alessia Oteri
Compagnia Metis Teatro
Con Metis Teatro
"Fuori abbonamento"
DELLO ZERBINO CONSIDERATO DAL PUNTO DI VISTA DEI RICCI Io cerco da sempre l’UOMO quando scrivo ma cado sempre sulle sue contraddizioni, e sempre più spesso su un uomo onda in un mondo onda il cui avvenire è in balia delle onde.  Dello zerbino considerato dal punto di vista dei ricci è un testo ancora inedito in Italia. L’autore ce ne ha fatto dono nell’estate del 2021 concedendoci il privilegio di tradurlo. Le oltre 90 pagine del francese sono il frutto di tre anni di lavoro: in parte scritto durante il periodo della pandemia, il testo è ancora un esempio di teatro modulare, legato a doppio filo ai precedenti Il Teatro Decomposto e Attenzione alle vecchie signore. Vi si ritrovano i rivoluzionari ed i manifestanti, oggetti che piovono dal cielo, commissari e vecchie signore, e soprattutto molte delle tematiche che attraversano entrambi i testi antecedenti in una chiave – ci è parso – che lascia trasparire una diversa consapevolezza: Io cerco da sempre l’UOMO quando scrivo – si legge nella prefazione - ma cado sempre sulle sue contraddizioni. La scrittura di Visniec ci è parsa qui ancor più visionaria e se possibile geniale. Quanto altrove sembrava essere più chiaramente denunciato – i totalitarismi, il lavaggio dei cervelli, lo smarrimento dell’Uomo alienato in monomanie al limite dell’antropofagia – qui sembra articolarsi in una totale sospensione di giudizio: l’Uomo è ancora colto nella sua frammentarietà, nella perdita di identità ed empatia, eppure quanto sembrerebbe emergere sulla soglia di questo mondo in balia delle onde è uno specchio in cui guardare – e accettare - più chiaramente le nostre contraddizioni e noi stessi. Su tutto e potente si staglia il linguaggio: alienato, destrutturato, frammentato, passibile di continui fraintendimenti, manipolatorio e manipolato, eppure ed in ultimo salvifico. Come in quel frammento di specchio che chiude il testo: Le parole di Job, dove alla parola Parola è restituito il compito di prendersi cura dell’uomo e guidarlo verso la bellezza che in lui si nasconde.